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"Un incontro sull’autore"
del prof. Massimo Pistelli
Viareggio Luglio 2015
S. C. Vecoli non ama definirsi 'artista' o 'scrittore'. Preferisce, più semplicemente, essere considerato 'autore', mettendo l'accento solo sul fatto che quelle cose le ha create lui. Ma è un atto di modestia un po' eccessivo. Lui in realtà, non solo è pittore e scrittore, ma è anche molto di più: è architetto, designer e insegnante; e la cosa interessante è che queste cose le sa fare tutte e tutte lo rappresentano in egual misura. Sulla sua pagina internet egli si definisce “architetto e varia umanità”.
Ma se si eccettua questa senza dubbio calzante autodefinizione, al primo approccio le sue attività sembrano piuttosto diverse e distanti e quella può anche apparire un'affermazione un po' generica e può non bastarci a individuare una linea di continuità tra i vari settori del suo fare. Vediamo se possiamo trovare qualcosa d'altro.
Atteniamoci alle sue attività più creative, la pittura e la scrittura e per ora guardiamole un po' a distanza, senza entrare troppo nei particolari.
La sua pittura è di tipo surreale. Quel mondo artistico, per intenderci, di Max Ernst, André Masson, Sebastian Matta, Alberto Savinio in particolare da cui prende anche il nome del protagonista di un suo romanzo. Quel modo di raccontare che trasfigura le cose, le trascina via dalla realtà per caricarle di significato, per renderne, attraverso il processo di 'straniamento', più intenso ed incisivo il comunicare.
Ma vi troviamo riferimenti anche ad altri artisti come Cézanne, Van Gogh, Klee o Picasso. E non manca neppure la grande tradizione del Rinascimento con riferimenti, quasi citazioni, a Paolo Uccello, il più surreale degli antichi.
I soggetti sono la Mitologia, i riferimenti al mondo classico, la natura, la fiaba, e molto spesso domina la figura femminile. Tutto sempre trattato con leggerezza, ironia, gioco. Con una sorta di sguardo talvolta infantile, sempre incorrotto e spesso estasiato.
Dall'altra parte ci sono i tre romanzi.
“Il pranzo dei Burlanti”, 2002
“Il pezzente di denari”, 2006
“Crescevano sogni, fiorivano eskimi”, 2013
E dei racconti giovanili, che risalgono ai suoi vent'anni e che lui ha recuperato più tardi per dei concorsi letterari che è riuscito anche a vincere.
I tre romanzi sono “romanzi di formazione”, cioè dove si descrive la crescita e i conseguenti cambiamenti di un personaggio. Anche qui, come nella pittura (e piano piano emergono elementi di continuità), si tratta di un filone tradizionale, che ha avuto a partire dal Settecento fino agli inizi del Novecento illustri rappresentanti come Goethe, Stendhal, Flaubert, Dickens, Musil, Joyce.
Il motivo comune dei tre romanzi è la presa di coscienza, con grande dolore, del corrompersi dei sogni e degli ideali giovanili. Così descritti, i romanzi sembrano muoversi in un ambito di totale realismo. Ma è solo un'apparenza, perché quel passato mitico non è veramente passato, ma sopravvive come una sorta di mondo alternativo in una dimensione parallela e questo ci riporta, in fondo, al surrealismo della pittura. Se così non fosse, i personaggi, soprattutto il Savinio del “Pezzante di denari”, sarebbero dei 'nonsense', perché 'corrotti' ma nello stesso tempo 'non corrotti'. La cosa invece funziona per via proprio della doppia esistenza, nel mondo reale e contemporaneamente nella dimensione parallela. Luogo vivo e attuale dove continuano ad esistere gli ideali e che è in grado perfino di salvare le persone. Ma questo, appunto, è surrealismo.
Questo è invece del tutto esplicito nei bellissimi racconti (“Starnazzatori”, “Ogni mela al suo posto”, “Dolci sensazioni”, “Cercando un decalogo”), esattamente come nella pittura. Anche se elementi più onirici sono presenti e immediatamente riconoscibili anche nei romanzi, come il parlare con il vento di Saverio, il protagonista de “Il pranzo dei burlanti”.
Se scendiamo un po' di più nel dettaglio e andiamo a leggere molti di quei brani, la cosa appare più chiara e nel frattempo si riescono a percepire anche la leggerezza e la delicatezza della sua scrittura che sono un altro dei punti di contatto con la sua pittura.
Una scrittura sempre attenta, originale, mai banale o scontata, esattamente come la pittura.
Gli elementi che nei romanzi ci consentono di passare da un mondo all'altro, da un significato all'altro, quelli che nel simbolismo vengono definiti 'transiti poetici' e che ogni autore inventa e usa a modo suo, non so perché, forse per via del 'fanciullino', parlando di Vecoli mi viene in mente Pascoli e la poesia 'Orfano' dove la 'neve fiocca lenta lenta lenta' e dove la terza ripetizione, funzionando da 'transito' ci sposta dal significato letterale a quello profondo, simbolico. Ecco, in Vecoli, questi 'transiti' sono molteplici. Possono essere dei personaggi, come Mirella, Famiano o Marcellino del “Pezzente”, o un uomo incontrato in treno. O, sempre, la natura, descrivendo la quale ci regala momenti di vera e propria estasi narrativa.
A questo punto abbiamo scoperto l'unicità del nostro 'autore' (come lui vuol essere chiamato) che ci sfuggiva un po' all'inizio.
Un po' diverso è il discorso per l'ultimo romanzo, dove la dicotomia passato presente ancora non esiste perché è la descrizione in atto del passaggio tra il mondo delle illusioni (l'infanzia e parte della gioventù), che sta per essere abbandonato e quello della cruda realtà (che inizia con la gioventù e termina con la maturità). Qui si assiste in diretta a quel momento di passaggio in cui la vita può corrompersi. Qui sembra che la scelta, per Giulio, il protagonista, sia ancora possibile, ma l'autore non ci dice quale sarà questa scelta. Ce lo suggeriscono semmai i romanzi precedenti, ma non è detto, perché anche in quelli, magari per altri personaggi, se non per i protagonisti, la scelta di non lasciarsi corrompere sembra possibile anche in questa vita e non solo nella dimensione parallela. E' un romanzo con maggiori spunti autobiografici e quindi più sofferto.
Come abbiamo visto, molte immagini, descrizioni della natura, del paesaggio, ci riportano alla pittura. La leggerezza del tocco, la delicatezza o talvolta la forza dei colori sono le stesse, nella pittura e nella scrittura.
L'abilità tecnica della stesura e scelta del colore, della rappresentazione del movimento, delle citazioni e dei richiami all'arte precedente, tutto sembra un gioco facile per lui, tutto è fatto con estrema leggerezza e naturalezza. L'unica differenza è che nella pittura, come nei racconti, siamo sempre nell'altra dimensione.
Viareggio Luglio 2015 prof. Massimo Pistelli